Un suonatore, frammento di vaso attico, 500 aC, Museo Nazionale, Atene
Pittura vascolare, 5° sec. aC.
Corridoio entrata nord al Palazzo di Cnosso, Creta
Re Minosse
Nell’antica città di Cnosso, a Creta, regnava re Minosse. Egli era figlio di Zeus e di Europa, la fanciulla che il dio aveva rapito trasformandosi in toro.
La regina si chiamava Pasifae. C’erano due belle principesse: Arianna e Fedra. C’era anche un figlio, un essere misterioso e mostruoso, il Minotauro, che si chiamava Asterione e che viveva nascosto nel Labirinto. Ma andiamo un po’ indietro nella storia.
Le signore in azzurro, 15° sec. aC, Museo di Iraklion, Creta
Poseidone aveva regalato a Minosse un meraviglioso toro candido dalle corna lunate. Quando lo vide, la regina Pasifae si innamorò di lui tanto da volerlo sposare. Si rivolse perciò a Dedalo, un ingegnere-inventore per chiedergli consiglio.
Dedalo era ateniese, ma aveva dovuto abbandonare la sua città e si era stabilito a Cnosso insieme al figlio Icaro. Egli non solo costruiva palazzi e templi, ma era anche molto abile nell’inventare macchine e nel risolvere i problemi più vari.
La regina dunque si recò da lui e Dedalo costruì per lei una giovenca bianca di legno, cava all’interno, in cui la regina poteva entrare e nascondersi. Poteva così stare vicino al toro e ingannarlo, come se fosse una vera mucca.
Dedalo mostra la vacca di legno a Pasifae, Icaro in primo piano, 1° sec., Casa dei Vettii, Pompei
Il Palazzo di Minosse a Cnosso, Creta, ricostruzione
Il Palazzo di Minosse a Cnosso, Creta, i magazzini, oggi
Nasce il Minotauro
Fu così che nacque Asterione il Minotauro, un mostro che aveva il corpo di uomo, tutto peloso, e la testa di toro.
Minosse decise che questo scandalo dovesse essere tenuto nascosto. Ordinò quindi all’ingegnere Dedalo di costruire un posto adatto per rinchiuderci il mostro.
Pasifae con il Minotauro bambino, pittura vascolare
Dedalo si mise all’opera e realizzò un grande immenso palazzo (qualcuno dice sotterraneo) che era composto di un tale intreccio di sale, camerette, corridoi e svincoli che era impossibile per chiunque fosse entrato di trovare la strada per uscire.
In questo Labirinto venne rinchiuso il Minotauro che, crescendo, si era fatto violento e si nutriva di carne umana.
Labirinto di Creta, stampa fiorentina, 15° sec.
Dedalo e Icaro
Quando il Labirinto fu finito, Minosse ordinò che Dedalo vi fosse rinchiuso assieme a Icaro. E questo per due motivi: primo, era una punizione per l’ingegnere che aveva costruito la giovenca di legno e, secondo, un fatto di prudenza, per evitare che venisse raccontato in città che cosa si nascondeva là dentro.
Dedalo non si perse d’animo e si mise subito all’opera per uscire da lì. Con delle piume di uccelli fissate insieme con cera costruì delle grandi ali che applicò alle spalle del figlio e alle proprie.
Il Labirinto, statere cretese, Cnosso
Nessuno prima aveva mai volato, il tentativo era assai pericoloso, e Dedalo disse ad Icaro, con le lacrime agli occhi:
“Figlio mio, ascolta, quando saremo usciti, resta vicino a me. Non volare mai troppo in alto perché il sole farebbe sciogliere la cera. Non volare troppo in basso perché le piume potrebbero essere inumidite dal mare. Te lo ripeto, seguimi da vicino e non cambiare direzione. Vedrai che ci andrà tutto bene.”
Cominciarono ad agitare le ali, si mossero e uscirono da un’apertura nel muro.
Si alzarono in volo e mentre essi si allontanavano dall’isola verso nord-est battendo ritmicamente le ali, i contadini, i pescatori e i pastori che levarono lo sguardo verso il cielo e li videro li scambiarono per dèi.
Dedalo applica le ali a Icaro, rilievo, Collezione Villa Albani-Torlonia, Roma
All’inizio i due erano esitanti, ma poi presero coraggio. Anche troppo: l’imprudente ragazzo non obbedì al padre e, inebriato dal volo, salì sempre più in alto. La cera si sciolse e Icaro precipitò in mare.
Dedalo e Icaro in volo, dipinto, C. Saraceni, 16° sec.
Si dice che invece Dedalo riuscisse ad allontanarsi dall’isola e a volare fino in Italia. Atterrò a Cuma, poi si stabilì in Sicilia, dove continuò la sua professione costruendo molti edifici.
Teseo, Arianna, il Minotauro
Asterione, il Minotauro, viveva nelle stanze più interne del Labirinto e gli veniva fornita carne umana per nutrirsi. Si trattava di giovani inviati da varie nazioni che, vinte in guerra da Creta, dovevano mandare il loro tributo.
Anche Atene era tassata per quattordici ragazzi ogni nove anni, sette maschi e sette femmine. Una tragedia per la città, finché il giovane principe Teseo non si offrì di accompagnare il gruppo, deciso ad abbattere il mostro e liberare il suo popolo da questo orribile appuntamento.
Ma per quanto coraggioso, il giovane non avrebbe potuto aver successo nell’impresa senza l’aiuto di Arianna. La principessa, figlia di Minosse, appena vide Teseo si innamorò di lui. Lo incontrò in segreto e gli propose:
“Io ti posso aiutare se tu mi prometti di portarmi via con te, ad Atene”.
Teseo accettò e Arianna proseguì dicendo:
“Prendi questo gomitolo di filo, fissalo alla porta di ingresso e srotolalo man mano che ti inoltri nel Labirinto. Quando vorrai uscire, basterà che tu riavvolga il filo e troverai la strada”.
Teseo seguì il consiglio. Trovò Asterione e dopo una tremenda lotta lo abbatté, chi dice con la spada, chi con un bastone, chi con le nude mani.
Con il favore della notte, Teseo con i ragazzi ateniesi si imbarcò portando con sé, come promesso, la bella principessa che lo aveva aiutato.
Teseo uccide il Minotauro dentro il Labirinto, Arianna lo aspetta seduta, mosaico, villa romana, Salisburgo
Talo (Un robot di tremila anni fa)
Un giorno re Minosse ricevette un prezioso dono dal dio Efesto.
Si trattava di un uomo di bronzo, che aveva una sola vena con sangue che andava dal collo alla caviglia. Efesto era così abile che questo automa si muoveva e agiva come se fosse un uomo vero.
Il suo nome era Talo.
Minosse fu felice del dono e incaricò Talo di fare il guardiano del suo regno. Egli, armato, faceva ogni giorno il giro dell’isola (doveva camminare molto molto veloce!) e non permetteva a nessun estraneo di sbarcare e a nessun abitante di partire senza il permesso del re. Dedalo e Icaro riuscirono a fuggire perché avevano le ali.
Le armi favorite di Talo erano pietre enormi che egli riusciva a gettare a grande distanza. Se i nemici si avvicinavano lo stesso, Talo saltava nel fuoco, portava il suo corpo metallico all’incandescenza e si precipitava su di loro, che scappavano e non si facevano più vedere.
Talo morì quando arrivarono a Creta gli Argonauti, con Giasone.
Sulla loro nave c’era anche la maga Medea. Ella guardò fisso negli occhi l’uomo di bronzo con una tale forza e intensità che lui rimase ammaliato.
Ci racconta Apollonio Rodio che Talo urtò la caviglia su una pietra puntuta, uscì fuori l’ìcore (che era il sangue degli dèi) simile a piombo fuso, poi senza forza egli crollò con immenso rimbombo.
E di lui rimase soltanto un grandissimo mucchio di metallo.
La morte di Talo, cratere, 5° sec. aC, Museo Jatta, Ruvo di Puglia
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