Giove, lasciata ormai l’ingannevole forma del toro,
s’era svelato e calcava la terra di Creta


[da Giove ed Europa nacerà Minosse]

quando il genitore d’Europa, che nulla sapeva del furto,
vuole che Cadmo [suo figlio] la cerchi, e minaccia per giunta l’esilio.

Cadmo parte e, dopo infruttuose ricerche, si reca all’oracolo di Delfi per avere un responso. Il consiglio è di non cercare più la sorella ma di fondare una città dove troverà una giovenca sdraiata a terra, stremata per la fatica.

Quando ciò accade

Cadmo ringrazia baciando la terra straniera, e saluta
quelle montagne e quei campi che mai non aveva veduti

Prima di fondare una città egli si reca in una caverna con una fonte sacra per attingere acqua lustrale. Ma nella grotta il serpente di Marte

era nascosto, lucente di creste dorate, ed aveva
tutte le membra rigonfie di tossico e gli occhi di fuoco
con nella bocca tre file di denti e tre lingue vibranti

Cadmo

era coperto di pelle che aveva levata a un leone,
un giavellotto e una lancia con splendida punta portava

Per circa trenta versi Ovidio illustra la lotta fra l’eroe e il drago che, alla fine viene ucciso.

Cadmo drago J W Baur 1659
Cadmo affronta il drago

Mentre Cadmo osserva il vinto nemico si ode una voce misteriosa: ‘perché guardi il drago ucciso? Tu pure sarai contemplato con forma di serpe!’

Trepido dallo spavento smarrì con i sensi il colore
Cadmo, e dal gelo le chiome gli si raddrizzarono in capo

E’ Minerva che parla. Gli ordina di seminare i denti del drago, che saranno i semi per una futura stirpe.
Cadmo obbedisce e…

Cadmo Baur v 118
Minerva parla a Cadmo

ecco, incredibile a dire, si muovono tosto le zolle,
prima le punte dell’aste s’affacciano fuori dai solchi,
poscia gli elmetti ondeggianti coi loro pennacchi dipinti;
gli omeri, il petto, le braccia fuor vengono piene fi frecce
cresce dal suolo una messe d’eroi con gli scudi imbracciati

Cadmo, spaventato, si prepara a difendersi, ma uno dei guerrieri gli intima di stare lontano, perché si combatteranno tra di loro.
Inizia la lotta e di quei giovani, ch’ebbero spazio sì breve di vita, solo cinque sopravvissero.

Cadmo guerrieri

Ed essi furono i compagni di Cadmo nel fondare la città che l’oracolo aveva predetto.

La città di Tebe era stata fondata. Cadmo aveva poi sposato Armonia, figlia di Venere e di Marte, gli erano nati vari figli e nipoti che erano ormai grandi. Si poteva dirlo felice
sed silicet ultima semper
expectanda dies hominis, dicique beatus
ante obitum nemo

[ma certo la gente mortale
deve aspettar l’ora estrema, né alcuno può dirsi beato
prima che morte lo colga]

Cadmo Armonia E de Morgan 1895
Armonia, E. de Morgan, 1895

Prima ragione di lutto fra tante vicende propizie
fu un suo nipote e le corna che strane gli sorsero in fronte

Atteone, nipote di Cadmo, era un giovane cacciatore. Una sera, stanco per le lunghe corse della giornata, si trovava in un bosco a lui sconosciuto. Qui Diana, la casta dea cacciatrice, usava bagnarsi insieme alle sue ninfe in una fresca fonte, dentro una grotta.

Atteone Caval d'Arpino 1605
Atteone, Cavalier d’Arpino, 1605 (particolare)

Il giovane si avvicina alla grotta. Le ninfe gridano e cercano invano di coprire la vista della dea nuda.
Diana non ha accanto a sé l’arco e le frecce. Perciò spruzza con acqua il volto di Atteone esclamando:

‘Racconta ora che nuda vedesti Diana, se pur lo puoi dire!’

Atteone e Diana al bagno,  Tiziano, 16° sec
Atteone e Diana al bagno, Tiziano, 16° sec.

La dea non minaccia ulteriormente la passa all’azione.

Atteone H Postumus 1542
Atteone trasformato, H. Postumus, 1542

Gli mette sul capo irrorato le corna
corna di cervo vivace, ed allugagli il collo, e gli appunta
l’estremità degli orecchi, gli muta le mani coi piedi,
cambiagli in gambe le braccia e lo copre di pel maculato

I suoi cani non lo riconoscono, lo inseguono e infine lo sbranano.

E non cessò, si racconta, Diana lo sdegno, fin tanto
che il poveretto non perse la vita per tante ferite

Quest’ultimo è il verso 252 del Libro terzo.

Atteone cani Baur
Morte di Atteone

Altro dolore giunse a Cadmo a causa di una sua figlia, Semele.

Giunone è adirata e gelosa perché Giove ama Semele, e la donna attende da lui un figlio.
La dea lascia l’Olimpo e prende la forma di Beroe, la nutrice di Semele, la quale le instilla il dubbio che il suo amante non sia in realtà Giove. ‘Molti uomini, dice la vecchia, si fingono dèi per entrare più facilmente nei casti letti! Per esserre sicura, chiedigli di mostrarsi in tutto il suo splendore e di abbracciarti come abbraccia Giunone.’

Selene chiede un dono a Giove, lui le risponde che esaudirà qualunque suo desiderio, lei dice che cosa vuole.

semele e giove, Picasso 1931
Giove e Selene, Pablo Picasso, 1951

Il dio ha promesso e non può tirarsi indietro. Le appare fra tuoni e fulmini. Semele non sopprta quella vista e cade folgorata.
Giove decide di salvare suo figlio.

Tolto dall’alvo matern, l’infante non anco maturo
- cosa che pare incredibile! – dentro la coscia del padre
venne cucito e quel tempo materno compì, che mancava.

semele 1885
Giove prende il bimbo dal corpo di Semele

Ino, la zia, [un’altra figlia di Cadmo] lo crebbe nascosto nei primi momenti
poscia fu dato alle ninfe di Nisa, che dentro negli antri
loro l’ascosero dandogli i primi alimenti del latte.

[Quel bimbo era il dio Bacco]

Ino si prende cura di Bacco, bassorilievo
Ino si prende cura di Bacco, bassorilievo

Bacco ninfe  Nisa L  de la Hyre 1638
Le ninfe di Nisa allevano Bacco, L. de la Hyre, 1638

Bacco G Reni v 316
Bacco bambino, Guido Reni, 1610

Bacco F von Stuck 1901
Bacco bambino, F. von Stuk, 1901

Mentre questo accadeva in terra, dice Ovidio, sull’Olimpo Giove si riposava dalle sue fatiche passando piacevolmente il tempo con Giunone.

Lui dichiara che nell’amore le donne provano certamente maggior piacere che gli uomini.
Lei dice che è il contrario.

S’accordano quindi di domandare a Tiresia
che esperto era di un sesso e dell’altro

Costui era stato infatti sia uomo che donna.

Tiresia A Carracci 1595 v 320
Giunone e Giove, A. Carracci, 1595

Tiresia aveva una volta percosso in un bosco due serpenti aggrovigliati ed era diventato donna. Dopo sette anni aveva rivisto gli stessi animali, li aveva colpiti di nuovo ed aveva ripreso la sua forma primitiva.
Chiamato al cospetto degli dèi e interrogato, l’uomo conferma che ha ragione Giove, cioè che le donne provano maggior piacere. Giunone, furiosa, lo punisce rendendolo cieco. Poiché un dio non può disfare mai quello fatto da un altro, Giove non può ridare a Tiresia la vista lo ricompensò dandogli la capacità di prevedere il futuro.

Tiresia Krauss 1690
Tiresia e i serpenti, J. U. Krauss, 1690

Per le città dell’Aonia Tiresia, profeta famoso,
dava veraci responsi alla gente che glieli chiedeva.

Quando la ninfa Lirìope partorì un bimbo cui diede nome Narciso, chiese a Tiresia se suo figlio avrebbe raggiunto la vecchiaia. Il vate cieco rispose: ‘se non mirerà mai se stesso!’

tiresia L Lagrenée 1790 v 339
Tiresia, L. Lagrenée, 1790

Quindici anni più tardi Narciso era un bellissimo giovane, che fuggiva l’amore e desiderava solo andare a caccia.

Eco lo vide, e si innamorò di lui. Questa ninfa non poteva parlare, ma poteva solo ripetere l’ultima parola che sentiva dire da altri. Era stata punita dalla dea Giunone.

Infatti, tempo prima, Giove si stava intrattenendo con un’altra ninfa ed era arrivata Giunone. Eco l’aveva fermata e si era messa a chiacchierare a lungo con lei, per dar tempo all’adultero dio di alllontanarsi. Quando Giunone si rese conto dell’inganno punì Eco togliendole la possibilità di dire ciò che voleva.

Narciso eco e Giunone Krauss v 356
Giunone ed Eco

Un’altra innamorata respinta lanciò una maledizione contro Narciso: ‘che anche lui, come me, ami e non possa avere ciò che desideri!’

Vi era in un bosco una fonte, limpida e fresca. Lì giunse Narciso, stanco e accaldato per la caccia e si fermò vinto dall’amenità di quel luogo e di quella sorgente.

Mentre si china per bere resta sorpreso dal volto riflesso nell’onda
gli occhi contempla che sembrano stelle, contempla le chiome,
le labbra ed il collo d’avorio e il candore rosato del volto.
Senza saperlo desidera sé: mentre loda è lodato,
chiede ed è chiesto, e nel tempo medesimo brucia ed accende.
Oh quanti inutili baci diede alla fonte bugiarda!
Oh quante volte nell’acqua per stringere il collo fallace
porse le braccia, ma non poté stringere sé dentro l’onde!

Bronzo greco, Museo Archeoligico, Napoli
Bronzo greco, Museo Archeoligico, Napoli

Il giovane però sa che l’immagine è un suo riflesso

Io sono te, me ne accorgo; l’immagine mia non m’inganna.
Io di me brucio d’amore ed accendo la fiamma che m’arde.

Narciso  ed Eco Waterhouse
Eco e Narciso, Waterhouse

Narciso N B Lepicié 1771 v 438
Narciso alla fonte, N. B. Lepicié, 1771

Disperato si percuote il petto e si ferisce. Esce qualche goccia di sangue, che colora leggermente la sua pelle come le mele che, bianche da un lato, dall’altro son rosse.

Narciso muore, consumato dalla passione. Preparano la pira

nusquam corpus erat, croceum pro corpore florem
inveniunt foliis medium cingentibus albis

[ma non c’è più il corpo, al suo posto trovano un fiore, arancione nel mezzo con intorno petali bianchi]

Il dolore consuma Eco

Tutto l’umore del corpo divenne sol aria e rimase
solo la voce con l’ossa. La voce rimase, ma l’ossa
si sa che presero forma di sasso. Da allora si cela,
la gente l’ode, solo la voce di lei c’è rimasta

Di lei sono rimasti solo la voce e un mucchietto di sassi.

Narciso ninfa Fiori Waterh 1912
Ninfa che raccoglie narcisi, Waterhouse

Quando si seppe che la predizione di Tiresia su Narciso si era avverata la fama del vate si sparse meritatamente per tutta la grecia e fu grande il suo nome.

Ma ci fu un uomo, Penteo, che rise del vecchio e lo derise per la sua cecità. Anche Penteo era nipote di Cadmo, figlio di una sua figlia e di uno dei cinque guerrieri nati dai denti del drago. Tiresia gli predisse:

Bacco, figliuol di Semele, un giorno verrà, sconosciuto,
qui, né quel giorno prevedo lontano, e tu non lo terrai
degno d’onore e di templi, e sarai lacerato e disperso
per mille luoghi tingendo di sangue le selve

Penteo lo scacciò. Ma s’avverò quel presagio.

Il corteo di bacco N. Poussin, 1633
Il corteo di bacco N. Poussin, 1633

Arriva Bacco con il suo corteo di satiri e baccanti. Risuonano i campi di grida festive, corre la folla, uomini, donne, ragazzi, vecchi. Danzano, cantano in preda all’ebbrezza.

Penteo è furioso con i suoi cittadini, non crede che Bacco sia un dio e figlio di Giove e ordina ai suoi servi di prenderlo, legarlo e portarglielo.

Essi ritornano con un altro prigioniero, Acete, un sacerdote di origine etrusca; Bacco non l’hanno trovato.

pentheus e acete  baur
Penteo e il sacerdote Acete

Acete racconta la sua storia.

‘Ero un marinaio. Una volta i miei compagni portarono sulla nave un fanciullo quale bottino, trovato sui campi deserti. Era grave di sonno e di vino, barcollava. Chiese di essere portato a Nasso. Dall’aspetto bellissimo e dalle vesti, pensai che fosse un dio, e supplicai i marinai di liberarlo. Ma essi mi derisero, e invece di far vela verso Nasso si diressero verso un’altra isola.

Allora i remi si coprirono di edere attorcigliate, le vele di pampini d’uva, la nave si bloccò.

I marinai terrorizzati si gettano in mare. Uno comincia di pinne a nereggiare nel corpo e si piega incurvando la spina. Ad un altro la bocca slargasi, il naso s’incurva e la pelle s’indura in isquame. Un altro vede le mani contrarsi, che più non son mani, ma pinne.
Saltano da tutti i lati spargendo gran nembo di spruzzi,
guizzano fuori dall’onde e di nuovo si tuffano sotto;
danzano in forma di coro giocando con guizzi scherzosi
e dalle larghe narici soffiano l’acqua raccolta.

Eravamo in venti, ero rimasto solo io, gli altri si erano trasformati in delfini. Così diventai sacerdote di quel fanciullo, che era il dio Bacco.’

bacco Krauss v 673
Bacco trasforma i marinai in delfini

Penteo ordina di uccidere Acete in modo crudele. Il sacerdote viene rinchiuso in una ben salda prigione ma narra

la fama che si spalancassero da sé le porte
e che, non sciolti da alcuno, da sé scivolassero i ceppi
giù dalle braccia di lui.

Penteo si scuote irritato e diventa furente di sdegno.

A questo punto Agave, figlia di Cadmo e madre di Penteo, che stava tra la folla cantando e danzando, impazzisce, non riconosce il figlio e urla: ‘Venite, sorelle, c’è un enorme cinghiale, aiutatemi ad ucciderlo!’ e lo colpisce con un bastone.

Le altre la imitano. Il corpo dell’uomo viene dilaniato.

Non così rapido il vento d’autunno rapisce le foglie
inaridite dal freddo e malferme ormai sulle piante,
come le membra di Penteo fur sparse da mani nefande.

penteo Lud Dolce 1558 v 715
Agave crede di vedere un cinghiale L. Dolce, 1558

Or le fanciulle tebane ammonite da simili esempi
offrono incenso, frequentano i riti e ne onorano l’are,

Quest’ultimo è il verso 733, con cui termina il Libro III.

penteo pompei
La morte di Penteo, affresco pompeiano

Finale

 

NOTE:

Le frasi in corsivo sono l’esatta traduzione dei versi latini, per i brani più lunghi viene riportata la traduzione di Ferruccio Bernini

Le illustrazioni di cui non viene dato l’autore provengono principalmente da edizioni delle Metamorfosi del 16° e 17° secolo. I pittori sono Matthaeus Merian, Johan Ulrich Krauss, Vergil Solis, Lodovico Dolce, Georges Sandys e Johann Wilhelm Baur]

[Le frasi fra parentesi quadre sono note mie]


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