Era il 13 aprile del 1519 e a Firenze nasceva una bambina che fu chiamata Caterina.
Ella apparteneva ad una famiglia illustre e potente.
Infatti il suo nome completo era Caterina de' Medici.
Suo bisnonno, ormai morto da una quarantina di anni, era il grande Lorenzo, detto il Magnifico, signore di Firenze, mecenate e poeta.
Quant'è bella giovinezza – che si fugge tuttavia
Chi vuol esser lieto, sia – di doman non c'è certezza.
Un suo prozio era stato papa col nome di Leone X ed era morto da una dozzina d'anni.
Caterina non conobbe né suo padre né sua madre.
La mamma era francese, Madeleine de la Tour, e morì di febbre puerperale due settimane dopo averla partorita, aveva solo diciotto anni.
Il padre, Lorenzo, che soffriva di una grave forma di tubercolosi e di anni ne aveva ventisette, la seguì nella tomba dopo alcuni giorni.
Lorenzo aveva ricevuto dallo zio papa il titolo di duca d'Urbino e fu signore di Firenze per sei anni.
A lui Nicolò Machiavelli aveva dedicato la sua opera più importante: Il Principe.
Nicolaus Maclavellus ad Magnificum Laurentium Medicem
Coloro che desiderano acquistare grazia appresso uno Principe a lui presentano cavalli, arme, drappi d'oro, pietre preziose e simili ornamenti.
Desiderando io adunque offerirmi alla vostra Magnificenza con qualche testimone della servitù mia, benché io iudichi questa opera indegna, confido debba essere accetta... e considero come, da me, non possa esser fatto maggior dono......
Di Lorenzo de' Medici, duca d'Urbino, il padre di Caterina, ci rimane un ritratto in pietra, scolpito da Michelangelo. Egli è seduto, pensieroso, con il mento appoggiato alla mano. Sotto di lui le sculture del Crepuscolo e dell'Aurora.
L'orfana Caterina trascorse la sua infanzia passando da un convento ad un altro, affidata a suore che curarono la sua educazione e che lei ricordò per tutta la vita con affetto e riconoscenza. C'era anche una zia Clarice che ogni tanto l'andava a trovare.
Era un periodo politicamente burrascoso: da anni ormai i Medici venivano scacciati da Firenze, poi rientravano al potere, venivano nuovamente scacciati.
Essi avevano però un importante protettore: il papa Clemente VII, al secolo Giulio de' Medici.
L'anziano pontefice si era sempre interessato da lontano alla sorte di questa bambina così sfortunata, figlia di lontani cugini e, sul finire del 1532, egli iniziò a elaborare un progetto per accasarla degnamente, ormai Caterina aveva tredici anni, era tempo di occuparsene.
Iniziarono trattative segrete con il re di Francia Francesco I. Egli aveva due figli maschi: per il primogenito, Francesco come lui, delfino ed erede al trono, occorreva una sposa di maggior rango. Però per il secondo, Enrico di Valois duca di Orleans, che aveva tredici anni come lei, Caterina de' Medici, imparentata con il papa, poteva essere una sposa adatta.
Re Francesco I era vedovo da una decina di anni di Claudia di Francia, figlia di Luigi XII, che gli aveva portato in dote un ducato e sei contee e gli aveva dato due figli. Claudia era però sgraziata e zoppa e fu abbandonata dal marito. Era poi morta a venticinque anni.
C'era a corte una bellissima donna, che era stata dama della regina Claudia e ora era l'amante del re ed aveva molta influenza su di lui. Si chiamava Diana di Poitiers. Quando seppe del progettato matrimonio di Enrico con la fanciulla fiorentina, Diana si mostrò favorevole.
Lo sposalizio fu deciso per il 28 ottobre del 1533, avrebbe avuto luogo a Marsiglia, officiato dal pontefice in persona.
I due protagonisti, naturalmente, non furono nemmeno consultati, come usava a quei tempi.
Alla corte di Francia l'annuncio della notizia destò un certo scalpore:
una discendente di mercanti e banchieri è un 'partito' troppo modesto per il figlio del re......
ma lui è secondogenito e non è destinato al trono. E lei è duchessa di Urbino e nipote del papa......
Caterina aveva quattordici anni. Lasciò il convento di Firenze e, per raggiungere Marsiglia, si imbarcò a Livorno.
Fu una vera flotta mediceo-papale a salpare. Sessanta navi: quella che portava la sposa aveva le vele color porpora ricamate d'oro e il vascello pontificio si distingueva per un baldacchino di broccato eretto sul ponte che era ricoperto da ricchi tappeti.
Caterina portava con sé non solo denaro e il suo corredo, ma anche l'astrologo di fiducia, sarti, ricamatrici, gioiellieri, profumieri e un gran numero di cuochi, pasticceri e sommeliers, scelti fra i migliori di Firenze. Uno specialista in gelati, tale Ruggeri, fu addirittura 'prelevato' dai soldati e caricato a forza su una nave.
Non male per una fanciulla quattordicenne vissuta in convento! Questo fu il primo contributo al mondo per la conoscenza sia della cucina che dei vini toscani. A Marsiglia, al banchetto di nozze, il gelataio Ruggeri fece conoscere ai francesi la sua specialità, ghiaccio all'acqua inzuccherata e profumata'.
La cerimonia di nozze venne officiata dal papa alla presenza della famiglia reale. La sera gli sposi furono accompagnati in corteo al talamo nuziale che era stato solennemente benedetto.
Quando Caterina vide Enrico si sentì attratta e il giovane le piacque subito. Si dice che lei si innamorò per davvero: era un bel ragazzo alto e snello. Ma aveva un carattere cupo e malinconico.
Sono Enrico: sì, ho un carattere cupo e malinconico, lo ammetto, ma che infanzia ho avuto? Avevo solo sette anni quando mio padre mi ha mandato in Spagna come ostaggio, pegno di alleanza con quella nazione. Sono tornato a casa dopo anni, per trovare che mia madre era morta, mio padre spesso assente a far guerre e occupato in affari di stato...
Enrico invece, nel conoscere Caterina, rimase totalmente indifferente e si dice che fu per sempre così.
La 'duchessina', come veniva chiamata, era piuttosto brutta, piccola, goffa. Solo gli occhi erano belli. Si adornava sempre con una ricca collana di perle, tesoro di famiglia, che le era stata donata da Clemente VII.
Lasciamo che Caterina si ambienti alla corte francese e vediamo chi era questa Diana di Poitier, la potente amante del re.
L'anno era il 1533 e Diana aveva trentaquattro anni.
Era nata in una delle più antiche e nobili famiglie ed era stata damigella d'onore della regina. A tredici anni era andata sposa a Louis de Brézé, gran siniscalco della Normandia, che aveva trentanove anni ...... più di lei. Rimase però presto vedova.
Prendo la parola io, il re Francesco I di Francia.
Diana è veramente una donna di statuaria bellezza, ma non solo. Ha una intelligenza brillante e il suo parere va ascoltato e il suo consiglio va tenuto in considerazione.
Di me desidero dire che amo le lettere e le arti, ho fatto costruire bellissimi castelli, proteggo gli umanisti, ammiro gli artisti italiani. Ho fatto venire in Francia Benvenuto Cellini, che per me ha fuso in oro e decorato con smalto una saliera stupenda.
Essa rappresenta La Terra e il Mare. Nella vaschetta accanto a Nettuno trova posto il sale, nel tempietto sottilmente lavorato accanto alla Terra, trova posto il pepe.
Nel 1517 il grande genio di Vinci, Leonardo, ha accettato il mio invito ed è venuto in Francia. Gli ho offerto splendida ospitalità nel Castello di Cloux, ad Amboise. L'ho colmato di onori, l'ho nominato primo pittore, architetto e meccanico del re concedendogli ogni libertà di dedicarsi alle sue ricerche e ai suoi straordinari disegni.
Nei quattro anni in cui fu mio ospite lo visitai spesso e mi intrattenni a lungo a conversare con lui, nacque amicizia e affetto.
Quando mi giunse la notizia che Leonardo era gravissimo balzai a cavallo e in una folle galoppata riuscii ad arrivare in tempo al suo letto e raccogliere le sue ultime parole. Morì tra le mie braccia.
Caterina era ormai sposa da tre anni e ancora non era nato nessun figlio, quando sopravvenne un fatto inatteso e tragico. Il fratello maggiore di suo marito, Francesco, delfino ed erede al trono di Francia, morì.
Il giovane, che aveva diciannove anni, aveva giocato un'accesa partita a pallacorda e alla fine, tutto accaldato, aveva trangugiato dell'acqua gelata e si era buscato una congestione.
A questo punto inaspettatamente, Enrico, il secondogenito, diventava delfino e sarebbe stato il futuro re di Francia.
E a questo punto allora, il fatto che il matrimonio con Caterina fosse sterile diventava un grave problema di stato.
Ma c'era anche una novità di altro genere, qualcosa di imprevedibile che avrebbe, per i prossimi venticinque anni, pesato terribilmente e ossessionato la mite e remissiva Caterina.
Suo marito Enrico, che non aveva ancora compiuto vent'anni, si era pazzamente innamorato della quasi quarantenne Diana, la potente favorita di suo padre, e ne era diventato l'amante.
Diana non doveva soffrire troppo di pudicizia e neppure di freddo, perché si fece spesso ritrarre in vesti a dir poco succinte.
Il rapporto fra le due donne era colmo di tensione, ma si era raggiunto un equilibrio, un compromesso. Caterina, innamoratissima del marito, dovette tacere e tollerare l'infedeltà del marito. Con la minaccia del ripudio data la sua sterilità, l'unica soluzione per lei era, paradossalmente, di farsi alleata di Diana e ci riuscì, a forza di sopportazione e autocontrollo. La favorita finì col dirsi che, da una moglie così remissiva non aveva nulla da temere. Ma se Enrico l'avesse ripudiata e fosse subentrata una donna più esigente e orgogliosa, il suo dominio avrebbe corso pericolo. Usò pertanto la sua influenza su Enrico per eliminare ogni idea di ripudio e Caterina rimase al suo posto.
Anche a quell'epoca ci dovevano essere dei valletti di camera che chiacchieravano circa le intimità dei sovrani. Uno di essi raccontò che la gelosa Caterina, per capire con quali arti la ormai matura rivale le incantasse il marito, aveva fatto praticare un buco nella parete della camera da letto di Diana e spiava la notte quanto avveniva.
Quel valletto pettegolo rivelò anche che Diana, rendendosi conto che Enrico frequentava troppo poco sua moglie, e c'era urgenza di un erede, lo obbligasse a recarsi regolarmente in camera della moglie, forse usando piccoli ricatti.
A Caterina tutto ciò costava molto e lo confessò, anni più tardi, in una lettera privata, dove scrisse, alludendo a Diana:
Le facevo buon viso, molto a malincuore, perché mai una moglie che ami il proprio marito può amare la sua p...., sebbene la parola sia antipatica a dirsi da parte nostra.
Erano passati dieci anni dalle sue nozze quando, finalmente, Caterina si rese conto di essere in attesa di un figlio. Nel gennaio del 1544 nacque un maschio accolto da grandi trasporti di gioia e fu battezzato Francesco, con il nome dell'augusto nonno.
Circa un anno più tardi nasceva Elisabetta e poi, di seguito, altri otto principi tra maschi e femmine.
Così una maternità trionfale subentrava, per Caterina, alla lunga sterilità.
E fu una delle molte svolte nel cammino della sua vita.
Si stavano intanto addensando pesanti nubi in Francia, per questioni politico-religiose.
Già nel 1535 si era formato un partito, chiamato degli Ugonotti. Essi erano protestanti che aderivano alle teorie di Giovanni Calvino, riformatore religioso francese.
Gli Ugonotti lottavano per restaurare le libertà feudali contro l'assolutismo regio e il potere dell'aristocrazia, e trovavano adepti nella borghesia e fra gli artigiani.
Il re Francesco I aveva già mostrato i primi segni di intolleranza e si era impegnato sulla via della repressione.
La nascita dei figli non migliorò molto la posizione di Caterina. Infatti a lei spettava solo il compito di metterli al mondo. L'educazione dei principini le fu totalmente sottratta e si svolse sotto il controllo della favorita, Diana.
Nel 1547 morì Francesco I ed Enrico fu incoronato re di Francia con il nome di Enrico II. Caterina era la regina, ma viveva ancora in ombra e senza alcun potere.
Diana, nonostante fosse ormai vicina alla cinquantina era ancora bella e affascinante e la sua influenza sul nuovo re era totale.
Una consolazione, per Caterina, era il cibo. Era dotata di un appetito vorace ma aveva anche gusti molto raffinati. Ella si servì proprio dell'arte culinaria per aumentare il proprio potere alla corte di Francia.
Fece allestire banchetti sontuosi. E i suoi critici non mancarono di far notare che questi costavano più di centomila monete d'oro.
Qualcuno raccontò:
Durante questi banchetti in cui la regina mangiava tanto da scoppiare, la tavola era servita da onorate cortigiane mezze nude e con i capelli sciolti, come le spose alla prima notte di nozze.
Caterina era superstiziosa e considerava il numero tre perfetto e fortunato.
Nel 1549 la città di Parigi le offrì un pranzo di gala in cui vennero serviti cibi che dovevano essere tutti multipli di tre.
33 arrosti di capriolo, 33 lepri, 6 maiali, 66 galline da brodo, 66 fagiani, 3 staia di fagioli, 3 staia di piselli, 12 dozzine di carciofi...
Caterina oltre ad aver portato in Francia le salse, l'utilizzo delle rigaglie, l'olio d'oliva e le crespelle ebbe anche l'intuizione di proporre e far diventare di moda l'uso di un oggetto che a Firenze era già adoperato da tempo, ma sconosciuto a Parigi: la forchetta.
Suo marito e i suoi commensali si rivelarono piuttosto maldestri nel maneggiare il nuovo utensile. Infatti si racconta che nel portare la forchetta alla bocca, essi si protendevano sul piatto con il collo e col corpo. Era un vero spasso vederli mangiare con la forchetta perché coloro che non erano abili come gli altri facevano cadere sul piatto, sulla tavola e per terra più di quanto riuscivano a mettere in bocca.
Anni più tardi ella rese obbligatorio l'uso della forchetta con un decreto affinché si potesse mangiare con pulizia.
Forse consolazione e distrazione, ma suo marito, re Enrico II, non vedeva che Diana.
Enrico regalò all'amante, oltre agli abiti sfarzosi, i gioielli della corona, che la povera Caterina non aveva mai indossato. La nominò duchessa di Valentinois e le donò un castello sul fiume Cher, affluente della Loira. Il grandioso castello di Chenonceaux.
Il castello di Chenonceaux, uno dei primi del Rinascimento, fu costruito fra il 1513 e il 1521. Sorge sullo Cher, circondato da un ampio parco.
Vi si accede per un magnifico viale, che lascia sulla destra le scuderie.
Il piazzale d'ingresso, cinto da un fossato, è fiancheggiato da giardini alla francese e da un torrione circolare quattrocentesco. Esso apparteneva ad un vecchio mulino fortificato preesistente al castello.
Il castello ha forma rettangolare, con torricelle agli angoli e due piani di finestre coronate da abbaini.
Quando Caterina era sbarcata in Francia con le sessanta navi per andare sposa, a bordo di una di queste vi era il suo astrologo di fiducia. Era solo un inizio perché, per tutta la sua vita ella interpellò gli astrologi e credette alle loro previsioni.
E' quindi il momento di parlare del famoso Nostradamus, che ebbe con la regina stretti contatti.
Michel de Nostre-Dame, latinizzato Nostradamus, era medico, guaritore, studioso di botanica, di astronomia, di teologia, produceva filtri, cosmetici e tinture per capelli.
Il suo massimo interesse era però l'astrologia e sosteneva di poter prevedere il futuro.
Previde in effetti la propria fine: tout mort près du lit et du banc - tutto morto, fra il letto e lo scrittoio.
E così lo trovarono, una mattina. Aveva vissuto sessantatre anni.
Quello per cui Nostradamus è ancora così celebre oggi, sono le sue Centurie. Si tratta di 353 quartine, versi che predicono il futuro fino all'anno 3797, quando finirà il mondo.
I versi sono molto oscuri e si dice che ciascuno possa leggere ciò che vuole. Alcuni però fanno pensare.
Una famosa quartina sembra descrivere ciò che avvenne duecento anni più tardi durante la Rivoluzione francese.
Luigi XVI era fuggito da Parigi travestito da monaco, attraversò il bosco della Regina e fu arrestato nei pressi di Varennes. Venne poi imprigionato e infine ghigliottinato.
Ecco la famosa quartina:
Di notte verrà per la foresta della Regina
....... monaco grigio entro Varennes
...... sangue, taglio
Nostradamus aveva previsto in futuro la nascita un uomo crudele che avrebbe causato la morte di un infinito numero di persone. E scrisse che il suo nome sarebbe stato Hilter.
E l'aveva previsto con quattrocento anni di anticipo.
Un'altra quartina fa pensare ad un fatto recente.
Eccola:
...... il cielo brucerà, il fuoco si avvicina
nella Nuova grande città.....
ci sarà un incredibile tuono
i due fratelli saranno separati dal caos....
Un avvenimento inaspettato venne a dare una nuova svolta alla vita di Caterina.
Era il 1559 e sia Enrico che Caterina avevano appena compiuto i quarant'anni.
Un giorno di giugno di quell'anno vedeva il matrimonio della loro figlia Elisabetta, ormai quattordicenne, con Filippo II di Spagna. Lui di anni ne aveva trentadue ed era al terzo matrimonio, essendo rimasto già vedovo due volte. La povera Elisabetta sarebbe poi morta a ventitre anni, forse fatta assassinare dal marito, lasciandolo vedovo per la terza volta.
Ma allora tutto questo non si sapeva e si festeggiavano le nozze reali. Tra le altre cose era previsto un torneo. Si trattava di questo: due cavalieri con elmo l'armatura e la lancia si misuravano a cavallo. Ciascuno doveva cercare di disarcionare l'altro.
Enrico adorava questo tipo di gara e decise di partecipare. Indossava una preziosa armatura e un elmo dorato. Il suo avversario era giovanissimo, un ragazzo di nome Gabriel de Montgomery e sul suo scudo campeggiava un leone.
Il maldestro Gabriel sbagliò nel maneggiare la lancia e la infilò in un occhio a Enrico, facendola uscire da un orecchio.
Subito divennero chiare suscitando orrore e scalpore le parole di una quartina delle profezie che Nostradamus aveva pubblicato cinque anni prima:
Il leone giovane sormonterà il vecchio
In campo bellico in singolar tenzone
In gabbia d'oro gli occhi gli sfonderà
Due ferite in una per morire morte crudele
Il giovane con il leone nello scudo, il più anziano battuto, l'elmo dorato, la doppia ferita. Restava solo da aspettare la morte crudele.
Enrico però non era morto. Il miglior chirurgo di Francia, che si chiamava Paré, fu chiamato d'urgenza da Amboise. Non gli era mai capitato di vedere una ferita di quel genere. Si dice che la stessa ferita fu appositamente inferta ad alcuni condannati a morte, per permettere al chirurgo di eseguire degli interventi riparatori. Ma non servì a nulla.
Enrico visse ancora dieci giorni fra sofferenze atroci.
Chiese, supplicò di vedere Diana, di averla vicina. Ma Caterina non lo concesse e a lei non permise neppure di assistere ai funerali.
Dopo ventisei anni in cui non aveva mai potuto dire una parola, in cui il re aveva vissuto per un'altra donna e aveva per lei abdicato ad ogni dignità, facendola regina senza corona, finalmente dopo ventisei anni Caterina era libera e potente.
Caterina era anche profondamente addolorata, perché aveva amato quell'uomo nonostante tutto, fin dal primo momento, a quattordici anni, in cui lo aveva visto.
Si mise il lutto. Per le regine il colore del lutto era il bianco, ma Caterina, facendo prove davanti allo specchio, decise che le stava meglio il nero, anche perché le sfinava un po' la figura che si era alquanto appesantita. Così adottò gli abiti e i veli neri e non se li tolse mai più per tutta la vita.
Il suo primo pensiero fu per la rivale Diana: la obbligò a restituire i gioielli della corona e i mille regali di cui aveva preso buona nota, le impedì l'accesso a corte, le tolse Chenonceaux, che tenne come propria residenza estiva, e le diede un altro castello, ad Anet, più piccolo e modesto.
Questa donna, Diana, che tanto peso ebbe in quegli anni in Francia, al momento della morte del re aveva sessant'anni. Si ritirò nel suo piccolo castello, che tappezzò di propri ritratti, e di lei non si sentì più parlare. Morì in seguito a una caduta da cavallo pochi anni più tardi.
Dalla morte del marito, per trent'anni fino alla propria morte, Caterina fu il vero e unico re di Francia, mentre sul trono si avvicendavano i suoi figli malati e squilibrati.
Divenne re suo figlio maggiore, Francesco II, un pallido e debole giovinetto di quindici anni, già sposato con una sedicenne che sarebbe poi diventata famosa, Maria Stuarda.
Naturalmente era Caterina che governava.
Gli Ugonotti, intanto, si facevano sempre più numerosi e pressanti. Quell'anno 1561 si contavano già oltre duemila comunità, diffuse specialmente nel sud della Francia, si consideravano indipendenti, eleggevano dei propri anziani e un proprio pastore. Una volta all'anno aveva luogo un sinodo nazionale.
Nella famiglia reale vi erano tare: tubercolosi, emofilia, follia. A diciassette anni il giovane re Francesco II si spense a causa di un'infezione all'orecchio aggravata dalla sua gracilità. La giovane sposa Maria Stuarda mise il lutto bianco e se ne tornò in Scozia.
Il secondo figlio maschio aveva allora dieci anni e salì al trono col nome di Carlo IX, sotto la reggenza della madre.
Carlo era soggetto a crisi di pazzia furiosa durante le quali si dice che andasse ad appostarsi di notte all'angolo delle vie, per assalire con un bastone i malcapitati passanti. Dopo di che rientrava nella reggia rilassato e contento e, per qualche giorno, si comportava come un agnello.
Intanto Caterina ingrassava. Sulle famose sessanta navi del suo corteo nuziale si era portata in Francia cuochi e pasticceri, e li faceva lavorare a pieno ritmo.
A ogni pasto lei si rimpinzava fino a scoppiarne.
Sentiamo una testimonianza:
Sono il medico personale della regina. Ieri sera sono stato chiamato d'urgenza al palazzo reale perché sua maestà stava male. Ho riscontrato una grave indigestione. Le ho chiesto se avesse in qualche modo ingerito un cibo in quantità superiore alla norma. Così era stato. Si trattava di un piatto di carciofi di cui la nostra sovrana è notoriamente ghiotta. Già stamane l'ammalata è migliorata......
Ci è pervenuta la ricetta del colpevole piatto. Forse a qualcuno può interessare di segnarsela, per poterla cucinare in occasione di una cena tra amici.
Ingredienti per quattro persone:
6 carciofi, succo di limone, aglio, prezzemolo, 50 grammi di burro, olio d'oliva, mezzo bicchiere di marsala secco, sale pepe, un pizzico di cannella, un chiodo di garofano, noce moscata, sei fegatini e sei cuori di pollo, e, indispensabile e facile da reperire, una dozzina di creste di gallo.
Cuocere i fondi dei carciofi in olio con aglio, prezzemolo sale e pepe. Sbollentare in acqua calda le creste di gallo e spellarle, sbollentare i fegatini e i cuori di pollo, poi tritare il tutto e metterlo in padella con il burro, sale, pepe, il marsala e le varie spezie. Sistemare sul piatto di portata: le rigaglie al centro, contornate dai carciofi. Servire ben caldo.
Nella lunga lotta fra cattolici e protestanti che funestò tanta parte del suo regno, Caterina fu un'ostinata sostenitrice della tolleranza: due cose le premevano: salvare la corona dei suoi figli e la pace religiosa del paese.
Tentò perfino di combinare un matrimonio fra il suo figlio minore Enrico e una anglicana, la regina d'Inghilterra Elisabetta, che aveva diciannove anni più di lui. Ma il piano non riuscì. Elisabetta non si sposò mai.
Nel 1563 Caterina concesse la libertà di culto agli Ugonotti. Essi erano appoggiati dall'Inghilterra, mentre i cattolici, guidati dal potente duca di Guisa, erano appoggiati dalla Spagna.
Negli anni seguenti la situazione si aggravò tanto che Caterina, la quale governava in nome del debole figlio, ordinò la famosa strage degli Ugonotti, che avvenne la notte di San Bartolomeo, il 24 agosto del 1572. Non ci fu misericordia né per le donne né per i bambini. Nella sola città di Parigi vi furono più di duemila vittime.
Carlo IX, che lasciava decidere tutto a sua madre, aveva allora ventidue anni. Egli morì due anni dopo la strage. Si disse che fosse ossessionato dal rimorso di non aver impedito la morte di tante persone.
Tutti questi lutti non toglievano l'appetito a Caterina. L' ambasciatore di uno stato straniero così la descrisse al suo sovrano: 'sono rimasto colpito dalla sua intelligenza, dall' acutezza della sua mente e dalla mole del suo corpo'.
Nei ritratti di Caterina, i pittori di corte si devono essere alquanto limitati.
Nonostante i gravissimi problemi politici, religiosi, di rapporti con le altre nazioni, le tare dei suoi figli e le loro morti, Caterina continuava ad ascoltare le predizioni e i consigli degli astrologi.
Ella trascorreva brevi periodi di riposo al Castello di Chenonceaux (quello che aveva tolto alla sua rivale Diana, sembrava che fossero trascorsi secoli da allora!) e qui li convocava. Specialmente chiamava Nostradamus, che era anche medico e conoscitore di creme e prodotti di bellezza.
Ricevette anche l'ambasciatore francese in Portogallo, un certo Jean Nicot. Egli le portò delle foglie di una pianta giunta dalla lontana America, che poteva lenire i dolori della regina. Quella pianta si chiamava tabacco, ed era una gran novità arrivata in Portogallo da pochissimo tempo.
Con la morte di Carlo IX, Caterina vide salire al trono il suo terzo figlio maschio, Enrico, Enrico III.
Questo giovane era bello, vizioso ed effeminato e, si dice, il prediletto di mammà.
Egli portava orecchini di perle a goccia (vedi ritratto) e indossava abiti preziosi. Uno di essi fece notizia: sul corpetto era ricamata a filo d'oro una poesia d'amore su fondo di raso bianco. Tutti i segni d'interpunzione erano costituiti da pietre preziose.
Enrico, d'accordo con sua madre, aveva capeggiato la strage degli Ugonotti, i protestanti. Questo non gli impedì di far uccidere il Duca di Guisa, il capo dei cattolici, perché era diventato troppo potente, più potente del re stesso.
Egli invitò il duca a palazzo e poi, senza consultarsi con sua madre, convinse nove suoi fedeli cortigiani ad ucciderlo in camera da letto.
Il re attendeva fuori. Si racconta che, quando la porta fu riaperta, il re sorrise ed esclamò: 'Ora sono io l'unico re!'.
Quello di Enrico III fu un regno tragico. La discordia che regnava nel paese si ripercosse entro la stessa famiglia.
L'ultimo figlio maschio di Caterina, Francesco duca d'Alançon, prese le armi contro suo fratello, il re, ma morì poco dopo.
Enrico III viveva separato dalla moglie, Luisa di Lorena, non erano nati figli, e lui preferiva frequentava ambigui compagni.
Egli morì di morte violenta: venne assassinato da un monaco fanatico nell'agosto del 1589, aveva a trentotto anni.
Nonostante i quattro figli maschi partoriti da Caterina, non c'era nessun erede al trono, e così si estinse la dinastia dei Valois.
A Caterina fu risparmiata tuttavia la pena più terribile, quella di vedere l'uccisione del suo figlio prediletto. Lei se ne era andata pochi mesi prima.
Si racconta che un astrologo, forse lo stesso Nostradamus, da lei interrogato circa la propria fine, le aveva predetto:
'Maestà, Saint-Germain vedrà la vostra morte.'
Da quel giorno la regina evitò accuratamente di recarsi nelle località francesi (più di una) con questo nome.
Stava per compiere settant'anni quando si ammalò gravemente. Mandò a chiamare il suo confessore, ma costui era assente.
Le mandarono un teologo che si presentò nella sua camera.
'Non vi conosco, disse Caterina, come vi chiamate?'
'Il mio nome è Saint-Germain', rispose il sacerdote.
Così la regina comprese che la sua vita era terminata. Era il 5 gennaio del 1589.
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