Io, la Fornarina
La mia storia la scriverò io stessa, per evitare che si dica che non sono mai esistita.
Mi chiamavo Margherita ed ero nata negli ultimi anni del 1400.
Mio padre era toscano, di Siena, il suo nome era Francesco Luti e faceva il fornaio. Si era trasferito a Roma e aveva aperto un negozio in Trastevere. Io lo aiutavo a fare il pane e a venderlo e facevo le consegne a domicilio.
Dicevano che ero molto bella e mi avevano soprannominata 'la Fornarina'.
Ero bruna, avevo il viso rotondo e due occhi immensi.
Il negozio era nella via che ora chiamate di S. Dorotea, al numero 20. E sopra la bottega abitavamo noi.
Se oggi leggete una guida di Roma troverete scritto: 'casa detta della Fornarina' oppure 'secondo la tradizione abitata dalla Fornarina'. Ma era proprio la mia, ve lo assicuro!
La mia vita scorreva tranquilla e serena, finché un giorno accadde qualcosa che la cambiò per sempre. Incontrai Raffaello.
Dovevo portare un cesto di pane alla Villa (che oggi chiamate Farnesina) di Agostino Chigi, il banchiere, anche lui di Siena. Il pane era per il pranzo dei pittori che stavano decorando le sale della villa.
Il mio forno era molto vicino alla Villa: pochi passi, si attraversava la Porta Settimiana appena costruita, altri pochi passi e si era arrivati.
Gli artisti che vi lavoravano erano molti e molto famosi, perché il banchiere voleva il meglio e poteva permetterselo: era infatti molto ricco. Essi lavoravano insieme ai loro aiutanti e agli allievi.
Entrai nella sala dove, mi dissero, il pittore di Urbino stava iniziando un grande affresco con il trionfo di Galatea sulle onde del mare. Non potevo immaginare che la nereide avrebbe avuto il mio volto! Ma andiamo con ordine.
Le pareti e il soffitto erano parzialmente ancora bianchi, e poi c'erano cavalletti, impalcature, secchi, tanti colori, attrezzi e pennelli di cui non capivo nulla.
Al momento non mi fece un grande effetto, ma, anni dopo, tornando alla villa, rimasi incantata alla bellezza della loggia terminata.
Posai il cesto del pane e guardai quel giovane pittore di cui tanto avevo sentito parlare.
Quello che vi dirò di lui e che troverete scritto in corsivo è stato raccontato da Giorgio Vasari. Pochi anni dopo questi fatti, il Vasari scrisse le biografie degli artisti italiani: sono dunque notizie di prima mano, avute da persone che ci hanno conosciuto.
Nacque Raffaello in Urbino l'anno 1483, 6 aprile, in Venerdì Santo a ore tre di notte. Il padre era Giovanni Santi (Raffaello si chiamò poi 'Sanzio'), un modesto pittore che cresciuto che fu cominciò a esercitarlo nella pittura, vedendolo a quest'arte molto inclinato.
A quattordici anni il ragazzo entrò nella bottega di Pietro Vannucci, detto il Perugino, affermato pittore.
A vent'anni si trasferì a Firenze, già famoso particolarmente per le Madonne stupende.
A Firenze rimase pochi anni. Il papa Giulio II lo volle a Roma.
Era destino che io, Margherita Luti la Fornarina, dovessi incontrarlo.
Non sto a descrivere tutti i suoi lavori, non li ho visti e comunque non ne sarei capace.
Vidi quello che stava facendo in quel momento e vidi lui. Rimasi affascinata da tutti e due.
Raffaello aveva poco più di trent'anni, si era fatto crescere la barba e appariva così:
In Raffaello risplendevano chiaramente tutte le virtù dell'animo, accompagnate da tanta grazia, bellezza, modestia et ottimi costumi......
Fu Raffaello persona molto amorosa e affezionata alle donne.
Dunque a Raffaello piacevano le donne, ma quando mi conobbe.....
Facendogli Agostin Chigi, amico suo caro, dipingere nel palazzo suo la prima loggia, Raffaello non poteva molto occuparsi a lavorare, per lo amore che portava a una sua donna.....
Ero io, quella donna. Perché Giorgio Vasari non fa il mio nome?
...... per questo Agostino si disperava, alla fine ottenne che questa sua donna venne a stare continuamente con esso in casa e dove lavorava....
Fu proprio così. Andai ad abitare con Raffaello, oggi direste che ero la sua 'fidanzata' o la sua 'compagna'. Ma non ci sposammo.
Raffaello terminò la Galatea e le diede il mio viso.
Raffaello viveva lussuosamente e aveva il gusto delle cose raffinate. Vestiva abiti splendidi di seta e di velluto che mettevano in risalto la sua bellezza un po' languida.
Hanno raccontato che prendeva spesso spunto per i suoi quadri da incontri nelle strade. Come per la Madonna della Seggiola, per esempio, che l'abbia disegnata su una botte all'angolo di una strada, vedendo una giovane popolana romana con in braccio il suo bambino, e poi dipinta nel quadro.
Ma io vi dico che non è vero. Quel viso è il mio!
Furono pochi anni, ma furono anni felici.
La biografia scritta dal Vasari dice che avendo Raffaello stretto amicizia con il cardinale di Bibbiena, costui lo tormentò per anni per dargli moglie e così accettò per donna una nipote di detto cardinale.
Dunque Raffaello fu obbligato a fidanzarsi con quella pallida fanciulla della nobiltà romana, Maria, che era la nipote del potente cardinale Bibbiena.
Ma lo fece controvoglia, perché amava me.
Poi il Vasari continua il racconto dicendo che il pittore rimandava sempre le nozze perché, essendo intimo del papa sperava di esser fatto cardinale.
Il papa da poco eletto era Leone X, Giovanni de' Medici, figlio di Lorenzo il Magnifico. Il papa e Raffaello si conoscevano molto bene, dai tempi in cui il pittore stava a Firenze.
Nel 1500 anche dei laici, non sacerdoti, potevano esser fatti cardinali e Raffaello trovava questa scusa per non sposare la pallida fidanzata. Ma il vero motivo del rinvio delle nozze ero io!
La vita di Raffaello finì presto.
Papa Leone X lo stava facendo lavorare moltissimo, non gli lasciava un minuto di riposo. Raffaello tornava a casa da me la sera, stremato.
Un giorno lo mandò a chiamare, che andasse immediatamente in Vaticano, correndo, che non perdesse un minuto.
Non si può disubbidire al papa. Raffaello arrivò tutto sudato e trafelato. Il papa lo trattenne in conversazione in sale fredde e ventilate, sì che il sudore gli si raggelò sulle carni.
Si ammalò e lui stesso capì che stava per morire.
Fece testamento e mi lasciò una generosa somma, in modo che io potessi vivere serenamente e onestamente (ma tanto tanto infelice).
Poi mi disse addio e me ne dovetti andare, perché non eravamo sposati. Non lo vidi più.
Morì il 6 aprile del 1520, era Venerdì Santo, come il giorno in cui era nato. E quel giorno compiva trentasette anni.
Fu sepolto nel Pantheon, il tempio di tutti gli dèi, a Roma, come egli stesso aveva richiesto.
Comments powered by CComment