Il ratto di Ganimede, Correggio, 16° sec., Museo d’Arte, Vienna
Zeus porta Ganimede sull’Olimpo, 470 aC, Museo di Olimpia
Il ratto di Persefone
Persefone era la figlia di Demetra, la dea delle messi e dei raccolti. Suo padre era Zeus. La fanciulla, molto amata da sua madre, era allegra e leggiadra.
Demetra e Persefone, rilievo votivo, 5° sec. aC, Museo, Eleusi
Un giorno Persefone si trovava in Sicilia in un’ampia vallata al centro dell’isola e giocava e coglieva fiori insieme alle ninfe sue amiche.
La vide Ade e si innamorò di lei. Si recò da suo fratello Zeus e gli chiese il permesso di rapire la fanciulla, cosa che gli fu concessa.
Forte del permesso di Zeus e senza tener conto della felicità della fanciulla, Ade tornò sulla terra, obbligò Persefone a salire sul suo cocchio, aprì una voragine e la portò nel suo regno sotterraneo.
Ade con Cerbero, statua ellenistica, Museo Archeologico, Siracusa
Rilievo, 5° sec. aC, Museo Nazionale, Reggio Calabria
Due artisti, a oltre venti secoli di distanza rappresentano il ratto di Persefone.
Dipinto, Rembrandt, 17° sec., Museo Statale, Berlino
Demetra la cercò dappertutto, disperata, e durante i lunghi mesi della ricerca non si occupò più delle messi né di far maturare i frutti. Gli uomini non avevano più da mangiare.
La vita nell’Ade era buia e triste, Persefone non era felice. Ella sapeva che non doveva mangiare nulla finché era sottoterra, altrimenti sarebbe stata condannata a non tornare mai più in superficie.
Un giorno vide delle melagrane e, per distrazione, o perché tentata dal marito che sperava di trattenerla per sempre, mangiò un chicco.
Intanto sulla terra non c’era più grano, né cereali, né frutti. Gli uomini si rivolsero a Zeus, che facesse terminare la carestia. Zeus, che aveva acconsentito al rapimento senza però prevedere le conseguenze, cercò di rimediare e di non scontentare nessuno.
Persefone con la melagrana, D. G. Rossetti, 19° sec., Tate Gallery, Londra
Demetra rivoleva la figlia. Ade sosteneva che Persefone aveva mangiato il chicco di melagrana e non poteva quindi tornare sulla terra.
Zeus chiamò Ermes e gli ordinò di riportare Persefone alla madre, con cui sarebbe rimasta sei mesi l’anno. Gli altri mesi li avrebbe invece trascorsi sottoterra con il marito.
Questo spiegava per gli antichi il ciclo delle stagioni: Demetra felice dispensa agli uomini i frutti della terra per sei mesi, il resto del tempo la natura si ferma, per rispetto al dolore della dea rimasta sola.
Ermes restituisce Persefone alla madre, F. Leighton, 19°sec., Museo di Leeds, Inghilterra
Il ratto di Ganimede
Ganimede era un principe troiano, qualcuno dice fosse figlio di Troo (il re da cui Troia prese il nome), altri invece lo dicono figlio di Laomedonte, in questo secondo caso, fratello di Priamo.
Era un fanciullo bellissimo, il più bello dei mortali, e quando Zeus lo vide sul monte Ida a pascolare le greggi di suo padre, desiderò averlo sull’Olimpo come coppiere personale. Ebe avrebbe continuato a servire nettare agli altri dèi.
Il dio comandò alla sua aquila di rapire il giovane e di portarglielo. Oppure, come racconta un altro mito, fu lui stesso a tramutarsi in aquila e ad afferrare con delicatezza Ganimede e a volare fin sull’Olimpo. E gli donò l’immortalità.
Ganimede con il cerchio, cratere ateniese, 5° sec. aC, Museo del Louvre, Parigi
Il padre del ragazzo rapito fu ricompensato con un dono davvero straordinario: una coppia di cavalli divini. Altri dicono invece che Zeus gli regalasse una piantina di vite d’oro, opera di Efesto.
Ganimede ora è in cielo come Acquario, un segno dello Zodiaco. L’Aquila invece è una grande costellazione.
Ganimede coppiere, tazza, 6° sec. aC, Museo Nazionale, Tarquinia
Museo Statale, Dresda Il ratto di Ganimede visto da Rembrandt (17° sec.)
Ganimede e l’Aquila – visti da tre scultori di diverse epoche e culture
Sopra: statua greca, Museo Archeologico, Napoli
Al centro: bronzo, Cellini, 16° sec., Museo del Bargello, Firenze
Sotto: scultura, Thorvaldsen, 1817, Museo di Copenaghen
Il ratto di Europa
Europa era una bella principessa, figlia del re di Tiro, in Fenicia.
Un giorno giocava insieme alle compagne sulla spiaggia. Zeus la vide e subito si innamorò. Temendo di essere respinto dalla fanciulla, il dio si trasformò in toro e si mescolò alla mandria che pascolava lì vicino. Era diventato un toro di un candore abbagliante e con corna simili a un quarto di luna.
Poi si avvicinò docilmente alla fanciulla e quando lei cominciò ad accarezzarlo e a mettergli ghirlande di fiori intono al collo, lui si accucciò ai suoi piedi. Lei prese coraggio e, aiutata dalle amiche, gli montò in groppa.
Immediatamente il toro si lanciò verso il mare. Terrorizzata, la fanciulla urlava e si aggrappava alle corna. Ma il toro non si fermò, penetrò nelle onde e nuotando si allontanò sempre più dalla riva con Europa in groppa.
Il ratto di Europa, pittura pompeiana, Museo Archeologico, Napoli
Il toro nuotò nel Mediterraneo dalla Fenicia fino a Creta e, raggiunta la terra, continuò a correre fino a un luogo all’interno dell’isola, un luogo che oggi si chiama Gortina.
Qui si fermò sotto un platano ombroso e fece riposare la fanciulla.
In questa località di Creta c’è ancora un platano che non perde mai le foglie, per ricordare ciò che accadde tanti anni fa.
Zeus e Europa ebbero tre figli: Sarpedone, Radamanto e il famoso Minosse.
Il Toro è finito in cielo, è un segno dello Zodiaco.
Il platano di Gortina (oggi) e il cartello con le spiegazioni
Cratere 5° aC, Museo Nazionale, Tarquinia
Europa conduce il Toro
A. Carracci, 16° sec., Palazzo Fava, Bologna
Europa rapita
mosaico, 3° sec., Casa del ratto di Europa, Coo (Grecia)
dipinto, G. Moreau, 19° sec., Museo Moreau, Parigi
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