Pico non era il suo nome, come si potrebbe pensare, ma il cognome. Si chiamava Giovanni.
Giovanni Pico nacque a Mirandola (una cittadina in provincia di Modena) nel 1463.
Era il figlio più giovane di Francesco I, signore di Mirandola e conte della Concordia, e di Giulia dei conti di Scandiano.
Già da piccolissimo mostrava interesse per imparare e non dimenticava nulla.
A quattordici anni era a Bologna e studiava diritto canonico.
Studiò poi lettere a Ferrara e filosofia a Padova. A Pavia (aveva diciannove anni) studiò il greco.
A ventun anni lo troviamo prima a Parigi e poi a Firenze dove strinse amicizia con Lorenzo il Magnifico e con i poeti, i filosofi e gli artisti che gli gravitavano attorno.
Il pittore Cosimo Rosselli lo ritrae fra Marsilio Ficino e Agnolo Poliziano in un grande affresco
E studiò l'ebraico, le lingue orientali antiche e moderne e le religioni dell'oriente.
Lorenzo il Magnifico lo ospitò a lungo, insieme agli altri umanisti, nella splendida villa di Fiesole dove Pico scrisse le sue opere più importanti.
Preparò 900 tesi di filosofia e religione da discutere pubblicamente a Roma, ma la Chiesa lo accusò di eresia e non lo poté fare. Pico fuggì in Francia e per ordine del papa fu perfino arrestato e imprigionato. Con l'intervento di Lorenzo venne liberato.
Finalmente tornò in Italia, conobbe il Savonarola e ne fu molto influenzato.
Con i suoi studi sulle religioni orientali era giunto alla convinzione che fosse una cosa possibile far convertire al cristianesimo sia i musulmani che gli ebrei.
Iniziò un'opera in cui si proponeva di confutare tutte le varie superstizioni, cominciando dall'astrologia.
Ma non la terminò perché morì improvvisamente e in modo misterioso: si mormorò che fosse stato avvelenato. Era il 1494, aveva soltanto trentun anni.
E' sepolto a Firenze, nella chiesa di S. Marco, dietro una semplice lapide scritta in latino: una delle ventidue lingue che egli leggeva e parlava.
Si racconta che la sua memoria fosse tale da permettergli di ripetere a rovescio, cominciando dall'ultimo verso, una poesia udita una sola volta e, dice qualcuno, perfino l'intera Divina Commedia.
Il Savonarola lo definì un miracolo di Dio e della natura e qualcun altro il più brillante ingegno d'Europa del suo tempo.
Pico era bello, biondo e altero.
Fine
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